Il tratto di sentiero del Verbano che da Monvalle conduce a Leggiuno attraversa una bellissima area in cui diverse colline boscate si alternano a zone prative creando un contesto paesaggistico degno di nota. I boschi misti a dominanza di castagno (Castanea sativa) si interrompono in prossimità dei prati con fasce arboree tipiche degli ambienti umidi in cui si distinguono il frassino (Fraxinus excelsior) e l’ontano nero (Alnus glutinosa). L’area è di origine morenica pertanto la sua morfologia dolce è ricondursi all’opera di modellamento esercitata dai ghiacciai lungo tutto il Quaternario.
Il ritrovamento di alcuni resti tombali in loc. Marzaro testimoniano la presenza di alcuni insediamenti umani già in età del Ferro.
Entrando in Leggiuno si incontra l’antica chiesa di S. Primo e Feliciano. Fu edificata nel VII secolo ed inizialmente fu dedicata a S.Siro. Nell’846 furono traslate qui le reliquie dei SS. Primo e Feliciano da cui la chiesa prese il nome attuale. Si tratta di una chiesa romanica che presumibilmente è stata costruita in un’area di culto pagano.
Poco distante abbiamo la chiesa parrocchiale di S. Stefano. Documentazione certa della presenza di una chiesa dedicata a S.Stefano risale all’anno 846. Furono San Carlo Borromeo e suo cugino Federico a volere che intorno al 1600 venisse costruito un nuovo edificio al posto di quello presente ormai in stato di degrado. La chiesa che vediamo oggi è stata completata solo tra il 1869 e il 1875.
Uscendo dal centro abitato di Leggiuno, proprio al confine con Laveno Mombello, si può vedere il ponte della Valsorda sull’omonimo torrente. Costruito tra il 1821 e il 1822 in ‘pietra di luna’ (una scaglia di gesso che si salda facilmente), il ponte è legato alla leggenda di un brigante che all’inizio del ’900 terrorizzava i passanti con la richiesta di denaro.
Sebbene al di fuori del sentiero del Verbano è inevitabile un cenno all’Eremo di Santa Caterina del Sasso. Edificio costruito a strapiombo sul lago tra la fine del XII sec. e l’inizio del XIII sec. Fondato dal mercante Alberto Besozzi dopo un naufragio nel lago, l’eremo è oggi uno degli emblemi monumentali della Provincia.
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