Attività
 
Il Referendum – Le ragioni del Sì
 
Community
 
  Portale web-gis ambientale
Portale turismo sostenibile
Vivere tra laghi
Sportello energia
progetto Green School
Prodotti KM zero
Vie Verdi Laghi
PAa
Piano mobilità sostenibile
Piano mobilità sostenibile

 

Schematizziamo le principali motivazioni per votare Sì e cerchiamo di metterle alla prova.

 

- Tuteliamo l’ambiente e il nostro mare! Buona parte della campagna di comunicazione dei vari gruppi in campo per il Sì punta molto sull’aspetto ambientale e sul rischio di incidenti dalle altissime ripercussioni per l’ecosistema marino e le nostre coste.

 

Potremmo ribattere puntando sugli alti livelli di sicurezza delle piattaforme e sulle basse probabilità di incidente. E’ però evidente come l’argomentazione sia molto solida e la risposta un po’ debole. Che le attività di estrazione siano fonte di inquinamento anche durante le attività di normale routine è oramai assodato, sia tramite i dati del Ministero dell’ambiente sia delle associazioni ambientaliste. Inoltre i danni provocabili da un incidente di ampia portata sarebbero talmente gravi in un mare delicato come il Mediterraneo da rendere molto molto bassa la soglia di rischio accettabile.

Una prosecuzione ancora per lungo tempo delle attività estrattive, oltre ad aggiungere ulteriore inquinamento di routine in aree già duramente provate, metterebbe anche le strutture stesse di estrazione nelle condizioni di lavorare oltre il tempo di utilizzo inizialmente stimato, con necessità di interventi sulla sicurezza probabilmente maggiori ed un possibile aumento dei rischi e di problemi.

In fondo tutto si basa su quale valore vogliamo dare al nostro mare e quale rischio siamo disponibili ad accettare per avere in cambio del gas e del petrolio in quantità, come abbiamo visto, non particolarmente elevate.

 

- Le trivelle ostacolano il turismo! Molti dei portatori di interesse nel campo del turismo si sono schierati per il Sì, vedendo nelle piattaforme estrattive un freno ed una minaccia al comparto turistico.

 

Ribadiamo che il referendum riguarda piattaforme esistenti e che sono già proibite nuove installazioni entro le 12 miglia dalla costa, non c’è il pericolo di vederne spuntare di nuove davanti alle nostre spiagge.

Se guardiamo alla costa romagnola la presenza di numerose piattaforme sembrerebbe inoltre smentire l’incompatibilità tra l’attività estrattiva e quella turistica. Dobbiamo però considerare che il turismo di quelle zone si basa più su altre attrattive che sulla bellezza del mare. Andando al di là della specificità romagnola il turismo italiano è maggiormente connotato sulle bellezze naturali e culturali ed è evidente come una piattaforma mal si presti ad attività ad esso legate.

Torniamo inoltre al rischio di incidente. L’eventuale danno ambientale andrebbe considerevolmente aumentato considerando anche il danno a carico della filiera turistica. Per farci un’idea: il rapporto “Impresa Turismo 2013” di Unioncamere indica il patrimonio naturalistico delle nostre destinazioni balneari come prima motivazione di visita per i turisti stranieri. Sempre nel 2013 si stima un impatto economico di oltre 19 miliardi di euro derivato dalle destinazioni balneari, mentre nell’ultimo anno le royalty che lo Stato ha incassato dall’estrazione di gas e petrolio sono pari a circa 340 milioni di euro.

Anche questo dato dovrebbe aiutarci a costruire il livello di rischio che siamo disposti a sopportare come Paese.

 

- Basta con le fonti fossili! Anche se riassunta un po’ brutalmente questa è la motivazione più politica accennata in precedenza. Chiede tramite il voto una scelta più ampia, sulla strategia energetica nazionale.

 

Entriamo qui nel grande tema dei cambiamenti climatici. Per ridurre le emissioni e contenere l’aumento della temperatura media, sappiamo che dobbiamo passare ad una società non più dipendente dalle fonti fossili. Da qualche parte bisogna iniziare a chiudere i rubinetti, ma il prorogare la possibilità di estrazione di gas e petrolio oltre il limite precedentemente fissato va nella direzione opposta.

Le risposte che ho trovato a questa motivazione si basano principalmente sull’idea che sia tutta una scena, perché tanto poi anche chi voterà Sì, il giorno dopo sarà ancora in giro con la macchina diesel e cucinerà sul fornello a gas, quindi quel gas e quel petrolio ci servono.

Ci serve allora ritornare al contesto per dimensionare il tutto. Abbiamo già visto che le quantità estratte all’anno dalle piattaforme interessate dal referendum sono molto modeste rispetto al fabbisogno nazionale e che, anche tornando al regime precedente, le estrazioni non saranno bloccate il 18 aprile, ma termineranno negli anni successivi secondo i piani operativi iniziali. Siamo dunque lontani dal rischiare il collasso del sistema e la mancanza progressiva di quel gas e di quel petrolio potrà essere facilmente gestita già tramite i trend di riduzione dei consumi in atto.

E’ però innegabile che il semplice ritorno alle concessioni a scadenza non cambierà nella sostanza l’apporto nazionale alla lotta ai cambiamenti climatici. Bisogna senza dubbio anche cambiare gli stili di vita: usare elettricità da fonte rinnovabile certificata o utilizzare maggiormente i mezzi pubblici, giusto per fare degli esempi facili. Bisogna anche che il Governo indirizzi la propria politica concreta su azioni che favoriscano il passaggio, graduale, ma pratico e il più rapido possibile, verso quella società sostenibile tracciata a Parigi nella COP21.

La strada non può essere differente, questo è il dato di fondo imprescindibile. Il referendum del 17 aprile può essere un ulteriore sprone ad agire in tal senso, sta ad ognuno decidere se la politica ne abbia bisogno o meno.

 

 

 

                                                                       Luca Colombo

Stampa Stampa - Segnala Segnala

   
 


Feed RSS
Link utili
 
 
 
Prodotti KM zero Prodotti KM zero