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Insegnamenti dall’edizione 2014/2015 di Green School
 
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Con le feste finali del 26 maggio a Taino, per gli asili, e del 27 maggio a Besozzo per le altre scuole si avvia a chiusura anche l’edizione 2014/2015 di Green school, la sesta da quando, nel 2009, è iniziata questa splendida avventura di educazione alla sostenibilità.
Anche le scuole che hanno partecipato quest’anno, 3 scuole dell’infanzia, 5 primarie, 2 secondarie di 1° grado e 2 superiori, hanno portato progetti di alta qualità e molti spunti interessanti.
Ho notato ormai in molte scuole la diffusione delle buone pratiche in tutta la scuola, con la copertura di tutte le classi e di tutto il personale, docente e non, con un’applicazione sistematica e organizzata delle regole che la scuola si è data.
Differenziare i rifiuti, spegnere la luce quando non serve, andare a scuola a piedi, in bicicletta o con il car pooling, diventa un comportamento abituale, una regola di vita interna della scuola, come salutare l’insegnante al suo ingresso in aula o appendere il cappotto sull’attaccapanni fuori dall’aula prima di entrare.
Molte scuole non si limitano ad interiorizzare ed applicare le regole impostate, ma cercano ogni anno dei miglioramenti, raffinando i processi operativi, cercando le aree di miglioramento, introducendo innovazioni spesso molto originali, che tengono conto di situazioni specifiche della scuola.
Colpisce sempre l’autonomia chele scuole riescono a raggiungere in pochissimo tempo, anche quelle che avviano il progetto per la prima volta, mostrando una sorprendente capacità di creare una cultura comune in tutta la loro comunità, gestendo anche con efficacia la trasmissione delle buone pratiche e dei comportamenti corretti agli alunni nuovi entranti, spesso a cura degli studenti delle classi superiori.
La raccomandazione che rivolgiamo è di intrecciare il più possibile le pratiche con le attività didattiche curricolari, in modo che l’educazione alla sostenibilità esca dal ghetto in cui talvolta viene rinchiusa, esterno e laterale ai programmi normali, per diventare invece parte essenziale del ciclo formativo.
L’esperienza dimostra che i progetti didatticamente più efficaci sono quelli capaci di integrare più discipline, da scienze a tecnologia, con italiano, storia, educazione artistica, informatica, lingua straniera ed altro ancora. L’educazione alla sostenibilità è poco adatta alla mera lezione frontale, si presta invece molto a lavorare per progetti e gruppi di lavoro dove si affrontano creativamente i problemi, trattandoli come problemi scientifici, che richiedono analisi rigorose e soluzioni praticabili, e come problemi di interpretazione sociale e culturale e di comunicazione.
Green school è diventato così un unicum, per una scelta d’impostazione spontaneamente adottata dagli stessi insegnanti, in cui si inizia dandosi un’organizzazione per gruppi di lavoro, si analizza il problema nella sua manifestazione concreta, si studiano le soluzioni, si applicano e se ne misurano gli effetti. Il ciclo può poi ripartire autovalutando i risultati ottenuti, sulle base delle misure, per identificare punti deboli o aree di miglioramento con le corrispondenti contromisure. Un modello in cui trasmissione di saperi si mescola all’apprendimento per esperienza diretta, in un’interazione ed un’iterazione che ha mostrato tutta la sua bontà.
Nell’edizione di quest’anno è stata proposta, per scelta autonoma dei partecipanti senza alcun nostro preventivo suggerimento, il tema dell’educazione alimentare e degli sprechi da evitare, in evidente consonanza con l’argomento posto alla base di EXPO2015, a dimostrazione della sensibilità e dell’attenzione di studenti ed insegnanti.
Un cenno particolare merita il “pilastro” della mobilità sostenibile: le soluzioni adottate da parecchie scuole si sono mosse dal pedibus, che conta ormai numerose applicazioni, fino a coprire con bicibus, car pooling e pullmino-navetta tutta la gamma delle possibilità. In questo modo Green school ha accumulato un inestimabile patrimonio di esperienze concrete di modelli, strumenti e pratiche di mobilità sostenibile casa-scuola.
Sono interessanti i primi spunti di attenzione all’internazionalità, come la ricerca sulla rete di documenti e di eventi significativi, come il protocollo di Kyoto, la conferenza di Rio+20, il protocollo di Montreal, dove ci si cimenta anche con la lettura in inglese, ornai lingua scientifica riconosciuta, e soprattutto la dimensione globale dei problemi ambientali. Questo apre la possibilità di guardare alla sostenibilità non solo con lo sguardo di noi abitanti del Nord del mondo, ma anche con altri occhi e da altre prospettive non necessariamente coincidenti. Lo sguardo alla globalità aiuterà a immergersi nella dimensione intrinsecamente multiscalare (individuale, sociale, globale) della sostenibilità che ci richiede una altrettanto pronta risposta a tutti e tre i livelli.
Fin dagli esordi abbiamo invitato le scuole a comunicare con la comunità esterna a loro: dopo qualche anno contiamo una varietà di strumenti impiegati, da quelli più tradizionali cartelloni, oggetti di recupero, feste interne) ai “nuovi media”. C’è chi si è cimentato nella produzione di filmati, TG, cartoni animati, spot pubblicitari, karaoke, visite ai commercianti della zona, spettacoli teatrali. Uno straordinario caleidoscopio di invenzioni e creatività comunicativa che ci ha stupefatti.
Si sono moltiplicate nel tempo le partecipazioni ad eventi esterni: dal gettonatissimo “Puliamo il mondo” di Legambiente, a “M’illumino di meno”, fino alla SERR o a concorsi vari.
Un modo importante e di valore per condividere obiettivi, valori e strumenti con le comunità di riferimento collegando locale e globale.
E’ diventato frequente utilizzare competenze esterne, ma disponibili localmente, come genitori, esperti locali, imprese di settore, società competenti per la gestione rifiuti o la conduzione della rete idrica e del depuratore.
Come si vede Green school è anche una scuola di cittadinanza, dove si diventa non solo consapevoli dei propri diritti, ma anche delle responsabilità verso gli altri, talvolta lontani, che possono soffrire le conseguenze dei nostri comportamenti sbagliati, e verso la natura. Insegniamo una cittadinanza dialogante, perché si deve lavorare insieme e quindi ascoltarsi, confrontarsi, decidere ed agire in sintonia.
Naturalmente ci sono anche dei limiti, che diventano sfide a migliorarsi. Se per esempio si nota un’ottima capacità di accompagnare con la didattica le pratiche e di comportamenti negli asili e nelle primarie, in modi fantasiosi e coinvolgenti, le necessità di contenuti didattici adeguati sale con il livello della scuola, diventando un fattore critico nelle medie e ancora di più nelle superiori.
La biodiversità, i cambiamenti climatici, i cicli globali, vengono spesso trattati solo nella loro dimensione locale e visti sotto l’angusta angolatura dell’inquinamento. E’ un punto critico, dove però Green school da sola può fare ben poco, perché mancano oggi luoghi deputati a costruire e sperimentare percorsi didattici, a produrre materiali, a avviare progetti pilota e a valutarne l’esito.
Per tutti è anche difficile intrecciare i fenomeni ambientali con i contesti storici, lavorando non solo sugli effetti, ma indagando anche le determinanti sociali, economiche, culturali del degrado ambientale, collocandole nell’attualità dell’interdipendenza globale.
Ci sembra ancora troppo scarsa la collaborazione con i Comuni. C’è frequentemente l’aiuto della Polizia Locale nelle esperienze di mobilità sostenibile, ma è marcata l’assenza o la lontananza nei pilastri della riduzione dei rifiuti e dei consumi energetici, cioè proprio entro le competenze dei Comuni ed il loro stesso interesse economico. Non dimentichiamo infatti che le scuole misurano i risultati conseguiti, in rifiuto indifferenziato non prodotto o in energia elettrica non consumata, che si traducono per il Comune in risparmio di costi, senza contare l’effetto educativo straordinario che dalla scuola investe le famiglie e tutta la comunità residente.
Qui si misura quanto conta la Green school nella comunità locale, come luogo educativo, diffusore di buone pratiche (quantili bretti alle famiglie con consigli e buone regole) e come soggetto attivo di coesione sociale attorno a valori (rispetto, attenzione) e comportamenti (civismo).
Indubbiamente le Amministrazioni Comunali dovrebbero prestare molta più attenzione raccogliendo anche i molti stimoli culturali che le Green school sanno produrre.
 
Nella sezione “Green school” del sito www.agenda21laghi.it potrete trovare i materiali didattici prodotti dalle scuole, le certificazioni ed i premi con le relative motivazioni.
 
 
                                                                                  Fulvio Fagiani

 

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