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Al Forum mondiale di Davos è di scena il rischio globale
 
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A Davos convergono ogni anno i leader dell’economia mondiale per il World Economic Forum. All’edizione di quest’anno, dedicata ai rischi globali e alla resilienza, i cambiamenti climatici sono stati al centro dell’attenzione.
I rischi globali sono quelli che non possono essere gestiti o mitigati da una singola organizzazione. Solitamente è difficile prevedere quando e come si manifesteranno; in questo caso l’approccio preferito è la “resilienza”, la capacità che ha un sistema di resistere a stress esterni senza perdere le sue funzionalità essenziali.
E’ la natura “iperconnessa” del mondo moderno che rende urgente capire come costruire la resilienza di fronte ai rischi globali.
Il mondo è sottoposto oggi alla pressione di due crisi interagenti, quella economica e quella ambientale, la cui combinazione può scatenare la “tempesta globale perfetta” oltre le capacità di controllo di ogni singolo Stato. Il report “Global risks 2013”1 inserisce il cambiamento climatico globale tra gli “X Factors”, quei temi seri e fondati sulle acquisizioni scientifiche, che sono considerati remoti dalle preoccupazioni più immediate e che, se non anticipati, possono coglierci di sorpresa e costringerci ad atteggiamenti di sola reazione.
Il report si domanda se non abbiamo già passato il punto di non ritorno, preso atto che il Sistema Terra ha natura complessa e non lineare, in cui reazioni a catena nel sistema sono imprevedibili e non direttamente proporzionali alla grandezza della causa scatenante.
Il clima del nostro pianeta è condizionato dai cosiddetti “feedback”, fenomeni naturali che possono amplificare il cambiamento climatico fino a punti critici oltre i quali il sistema globale entra in uno stato di mutamento distruttivo ed irreversibile.
Tra questi feedback il rapporto si sofferma sul cosiddetto albedo (la scomparsa delle superfici ghiacciate espone alla radiazione solare superfici opache (la nuda terra e l’oceano) che assorbono energia anziché rifletterla), lo scongelamento del permafrost e le trasformazioni della copertura vegetale, l’aumento del vapore acqueo, il più potente gas serra, per effetto della maggiore evaporazione e della maggiore capacità di un’atmosfera più calda di trattenere umidità.
Le previsioni più recenti ed autorevoli (fonte UNEP e Banca mondiale, di cui abbiamo parlato nella newsletter 16) proiettano un aumento della temperatura media globale tra 4 e 6 °C in questo secolo se si mantiene l’attuale ritmo di emissioni di gas serra, mancando l‘obiettivo di contenere l’aumento entro i 2 °C, considerata la soglia di sicurezza.
Il report si sofferma sui “pregiudizi cognitivi” che condiziona il modo di prendere decisioni in un momento in cui le minacce del cambiamento climatico, proiettate in un futuro lontano, si confrontano con la prospettiva immediata della crisi economica.
Il risultato dei pregiudizi cognitivi è che non prestiamo attenzione e non agiamo efficacemente contro rischi percepiti come a lungo termine e relativamente incerti.
Per scongiurare la tempesta globale perfetta, esito dell’interazione di crisi economica ed ambientale, ci si augura l’affermarsi di una nuova mentalità favorevole al clima tale da permeare tutti i livelli di produzione di decisioni, in cui le analisi sul cambiamento climatico sono incorporate nelle decisioni strategiche ed operative riguardanti, tra le altre, la pianificazione urbana, la sicurezza dell’alimentazione e dell’approvvigionamento idrico, delle politiche d’investimento e demografiche.
 
                       
                                                                                  Fulvio Fagiani
1 – all’indirizzo www3.weforum.org/docs/WEF_GlobalRisks_Report_2013.pdf

 

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