Silenzio sul clima


E’ l’esperienza che tocca a chi si occupa di diffondere cultura e consapevolezza su cause, impatti e possibili conseguenze del riscaldamento globale: solo una piccola parte della popolazione è disponibile ad ascoltare e a prendere in considerazione un proprio ruolo attivo.
Ne abbiamo avuto anche noi un esempio al recente Forum di Agenda21Laghi dal titolo “Come cambia il clima della Terra, come cambia la Terra con il clima”, alta partecipazione dalla scuola, scarsa da parte di cittadini ed amministratori locali.
Un Centro di studi inglese (il Social Brain project) ha pubblicato in dicembre un interessante rapporto che analizza ed interpreta la situazione in Gran Bretagna.
Il dato di partenza è rappresentato in figura 1 (v. allegato): intervistati sul cambiamento climatico, quasi i due terzi appartengono alla categoria degli “immobili”, che sono convinti che il riscaldamento globale c’è ed è causato dagli uomini, ma non sono disposti ad agire.
I “convinti attivi” ed i non convinti sono la metà del terzo rimanente.
Approfondendo l’indagine, tra questo “negazionisti invisibili” il 65% è formato proprio da negazionisti pratici che pensano che “non c’è niente che posso fare che possa avere un effetto significativo nel limitare il cambiamento climatico”.
Le altre domande del sondaggio confermano l’interpretazione, dal momento che oltre il 60% dà priorità alla crescita economica (Figura 2) ed oltre il 70% al proprio standard di vita (Figura 3).
Non stupisce allora che l’efficienza energetica e le rinnovabili scivolino in fondo alla scala delle priorità (Figura 4).
Indicazioni analoghe si traggono se si analizzano le indagini demoscopiche dell’Eurobarometro, l’Istituto europeo di rilevazione delle opinioni. Interpellati sui cambiamenti climatici gli intervistati lo posizionano molto in basso nella scala delle loro attenzioni (vedi per esempio la rilevazione di settembre 2013).
Ne consegue una bassa disponibilità a modificare i comportamenti di consumo personali e nessuno stimolo ai decisori politici ed economici verso politiche incisive di riduzione delle emissioni. Si spiega così che malgrado la comunità scientifica sia unanime nel denunciare i rischi insiti nel riscaldamento globale con studi sempre più numerosi e robusti, le emissioni di gas serra continuano a crescere, la concentrazione di anidride carbonica ha toccato a maggio il record di 400 ppm e le proiezioni più attendibili ci avvertono che siamo seduti su una traiettoria che ci porta ad un aumento della temperatura media di 4-6 °C entro il 2.100 o anche prima.
Se a livello della politica molto si parla e poco si fa, lo stesso avviene a livello del singolo cittadino, disposto a credere al riscaldamento globale, ma non ad impegnarsi.
Il rapporto riconosce che “se voleste inventare un problema di cui la gente non vuole preoccuparsi, probabilmente inventereste il riscaldamento globale”. Infatti i suoi effetti sono lontani nello spazio (non qui) e nel tempo (non ora), non c’è un “cattivo”a cui addebitare la colpa, non solleva responsabilità morali, si concretizza troppo gradualmente per farci avvertire pienamente le sue conseguenze.
Lo scetticismo invisibile entra in conflitto con il fatto che “significative riduzioni nella domanda di energia possono rendere necessario una profonda trasformazione culturale dello stesso significato di prosperità, da una dimensione esclusivamente economica ad una più sociale, relazionale ed esperienziale”.
L’interpretazione dell’autore è incline a ritenere che il comportamento sia molto meno individualistico e molto più socializzato ed automatico di quanto si pensi, in quanto “ogni comportamento esiste entro un più vasto contesto culturale di valori e attitudini” e quindi “l’individuo non è originatore del comportamento, ma piuttosto il veicolo di una pratica sociale”.
Occuparsi di cambiamento climatico significa dunque occuparsi di valori culturali e di cambiamento culturale. In effetti altre scuole di psicologia sperimentale (es. Common cause) hanno dimostrato la correlazione tra attenzione ambientale ed un più vasto sistema di valori chiamati “intrinseci”, in quanto dettati da motivazioni interiori, rispetto a valori estrinseci (denaro, potere) dettati da pressioni sociali.
Il rapporto, di cui raccomando vivamente la lettura agli interessati, ha anche un’ampia parte di proposte su cui lo spazio limitato non mi permette di riferire.
 
 
 
 
                                                                                  Fulvio Fagiani

Allegato: http://www.agenda21laghi.it/public/Silenzio sul clima - figure.jpg