Pubblicato il primo “Bilancio Equo e Sostenibile” nazionale


 

Il 18 Marzo 1968, tre mesi prima di essere assassinato, Robert Kennedy pronunciava all’Università del Kansas un celebre discorso di critica del PIL (Prodotto Interno Lordo) come misura del benessere e della felicità.
Da allora moltissimi Enti, studiosi, associazioni e singoli hanno allargato ed approfondito quelle critiche, proponendo misure ed indicatori alternativi: l’ISEW (Index of Sustainable Welfare), il GPI (Genuine Progress Indicator), l’HDI (Human Development Index), il HPI (Happy Placet Index) fino al GNH (Gross National Happiness), la felicità interna lorda applicato in Bhutan, piccolo Stato asiatico.
Una dei lavori più prestigiosi condotti sul tema è quello della Commissione sulla misurazione della performance economica e del progresso sociale” istituita dal Presidente francese Sarkhozy e guidata dai premi Nobel Stiglitz e Sen e da Fitoussi.
Il principio che guida tutte queste iniziative è che non è più possibile far coincidere la felicità, o anche solo il benessere, con un dato puramente economico che misura solo la quantità di beni e servizi economici comprati e venduti.
E’ convinzione diffusa che benessere e felicità personali dipendano da fattori sociali, culturali ed ambientali tipici di ogni collettività e che un indicatore debba tener conto non solo dei valori dei flussi, ma anche degli stock, ossia dello stato delle risorse complessive che vengono lasciate in eredità alle generazioni future (capitale economico, naturale e sociale).
Sull’onda di quest’attenzione, ISTAT e CNEL hanno elaborato, sotto la guida illuminata e competente del Presidente ISTAT Giovannini, il “Bilancio Equo e Sostenibile”, un ponderoso rapporto che fotografa la situazione nazionale attraverso 134 indicatori raggruppati in 12 domini: salute, istruzione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi.
Gli indicatori hanno natura oggettiva che soggettiva, espressione di percezioni e opinioni dei cittadini proprio per incoraggiare la politica a lavorare per migliorare il benessere percepito, disponendo di criteri e misurazioni che attestano l’efficacia delle azioni intraprese.
Limitandoci alla sola sezione dell’ambiente, la situazione è rappresentata da 13 indicatori:
1.      Acqua potabile erogata
2.      Percentuale di coste balenabili
3.      Numero di superamenti dei limite giornaliero di PM10
4.      Metri quadrati di verde urbano per abitante
5.      Percentuale di aree franose
6.      Numero ed estensione di siti contaminati
7.      Percentuale delle aree protette terrestri
8.      Superficie delle aree protette marine
9.      ree Natura 2000
10.Preoccupazione per la perdita di biodiversità
11.Flussi di materia
12.Energia da fonti rinnovabili
13.Emissioni di gas climalteranti.
 
 
Rimando alla lettura del capitolo per i dati e gli andamenti relativi al 2012. Osservo la meritoria inclusione del consumo di materiali tra gli indicatori, spesso ignorato da altri sistemi di misurazione.
Secondo la mia opinione è ancora carente la rappresentazione del complessivo impatto ambientale, ben espresso da indicatori come l’impronta ecologica, e la valutazione della consistenza e della salvaguardia del capitale naturale e dei servizi ecosistemici, carenze che potrebbero trovare parziale rimedio nelle prossime edizioni.
E’ una lettura di grande interesse che raccomando ai lettori: il sito è all’indirizzo www.misuredelbenessere.it da cui si può scaricare l’inero rapporto.
 
 
                                                                                  Fulvio Fagiani