Come sollecitare l’attenzione sui temi ambientali.


Ci chiediamo spesso, durante i lavori della Segreteria Tecnica di Agenda21Laghi, quali ragioni tengono lontani i cittadini dal partecipare attivamente all’elaborazione di proposte concrete di miglioramento dell’ambiente.
E se dobbiamo prevedere quale reazione susciterà un’iniziativa, prevalgono le stime pessimistiche: si dà per scontato che nella scala delle priorità, pochi sono disponibili a dedicare una piccola parte del loro tempo a condividere informazioni e ragionamenti e a costruire prospettive di lungo periodo.
Se un risultato non è immediatamente perseguibile, si preferisce rinunciare; la costruzione lunga e faticosa della sostenibilità, che è nello statuto ideale di Agenda21Laghi, è un percorso troppo incerto per meritare un impegno diretto.
Molti degli scienziati che lavorano sulla frontiera delle discipline ambientali, climatologi, naturalisti, geografi, biologi, ecologi, fisici, si pongono le stesse domande.
In uno dei documenti preparatori della Conferenza sullo sviluppo sostenibile che si terrà a giugno a Rio, ci si domanda per quali ragioni il bilancio dalla “prima Rio”, la storica conferenza del 1992, sia così insoddisfacente.
Allora 180 Capi di Stato s’impegnarono solennemente per lo sviluppo sostenibile, ma a distanza di 20 anni tutti gli indicatori quantitativi segnalano un grave peggioramento dello stato del Pianeta.
In un altro memorandum pubblicato a febbraio, dal significativo titolo “L’imperativo di agire”, i numerosi ed illustri autori indicano le aree di crisi, il riscaldamento globale, la riduzione della biodiversità e dei servizi ecosistemici, la sicurezza di cibo ed acqua, per affermare in modo categorico che “l’attuale sviluppo globale è insostenibile”.
Colpisce l’evidente contrasto tra l’allarme preoccupato lanciato fagli scienziati e la sostanziale indifferenza rispetto alle conseguenze inevitabili dello “sviluppo insostenibile”.
C’è chi ritiene che ci sia un problema di comunicazione.
Per limitarci al riscaldamento globale, la catena causale emissioni -> mutamento climatico -> effetti non può essere rilevata dai sensori abituali, perché le cause e gli effetti sono spesso lontani nello spazio e nel tempo. Gli effetti delle emissioni di oggi si vedranno tra qualche decennio e i paesi più danneggiati non saranno quelli che hanno emesso più gas serra.
Solo la conoscenza scientifica può collegare l’effetto cumulativo delle emissioni di anidride carbonica con il riscaldamento globale, stimarne gli effetti ed indicare le azioni correttive.
L’abitudine, acquisita da lungo tempo, che ci fa correlare un effetto locale ad una causa locale, non funziona per i fenomeni globali.
La conoscenza scientifica deve dunque essere trasmessa e diffusa non solo alle minoranze colte e sensibili, ma a tutti gli abitanti del Pianeta, indistintamente.
Le modalità di trasmissione della conoscenza scientifica che abbiamo sviluppato finora, si fanno capire solo da chi dispone di strumenti culturali evoluti: non abbiamo, in una parola, mezzi di diffusione universale della conoscenza.
Spesso la conoscenza scientifica seria evidenzia i rischi che l’insostenibilità porta con sé; ma, così facendo, ha un effetto “depressivo”, perché appare incolmabile il divario tra ciò che si dovrebbe fare e ciò che appare realistico.
La crisi ambientale globale ci fa reagire come la globalizzazione economica: una dimensione incommensurabile con i mezzi individuali, che la fa sembrare ineluttabile ed ingovernabile.
Se anche si trovasse il modo di diffondere la conoscenza scientifica sui rischi che corre il Pianeta, molti dubitano che sarebbe sufficiente a suscitare reazioni adeguate, perché l’apprendimento sociale percorre strade poco comprese.
E’ un tema di riflessione per noi che ci accingiamo a sfide impegnative per ridurre le nostre emissioni agendo sui comportamenti individuali e sui sistemi socio-economici, il sistema energetico prima di tutto.
 
Letture:
Ø      Sustainable development: from Brundtland to Rio 2012” www.surdurulebilirkalkinma.gov.tr
Ø      Environment and development challenges: the Imperactive to Act http://mahb.stanford.edu/wp-content/uploads/2012/02
 
 
Fulvio Fagiani