La sostenibilità può far crescere l’occupazione.


Il termine “Green economy” è ormai entrato nell’uso comune, anche se il significato che gli viene attribuito può variare molto.
Per quanto riguarda l’Italia secondo una ricerca di UnionCamere, nel 2011 227.000 delle 600.000 assunzioni (il 38%) sono riferibili ad un’accezione larga di figure professionali legate alla sostenibilità.
Restringendo il campo a professioni verdi in senso stretto, ossia quelle dei settori delle energie rinnovabili, della gestione delle acque e rifiuti, della tutela dell'ambiente, e ancora mobilità ed edilizia sostenibile, efficienza energetica. si arriva a 97.000 unità (il 16,4% del totale), comunque un numero ragguardevole.
Si tratta per la maggior parte di figure nuove, in parte specializzazioni di professioni già esistenti, legate a nuove tecnologie, crescenti bisogni socioeconomici e necessità ambientali. In particolare, i più gettonati sono: l'auditor esperto in emissioni di gas serra in atmosfera, il tecnico superiore per industrializzazione, qualità e sostenibilità dell'industria del mobile, lo statistico ambientale, l'operatore marketing delle produzioni agroalimentari biologiche, il risk manager ambientale, l'ingegnere dell'emergenza, il progettista di architetture sostenibili e l'esperto del ciclo di vita dei prodotti industriali.
Anche le previsioni per i prossimi anni confermano queste tendenze.
In Europa una politica di riduzione delle emissioni più aggressiva di quella finora vigente comporterebbe una crescita degli investimenti del 29,2%, del PIL dello 0,6% e una diminuzione della disoccupazione del 2,3%.
In Italia il taglio delle emissioni indurrebbe una crescita degli investimenti del 35,9%, del PIL dello 0,5% e una discesa della disoccupazione del 2,6%.
Se guardiamo al solo settore delle rinnovabili, negli ultimi cinque anni si è passati da 230.000 a 550.000 addetti in Europa e nei prossimi anni lo sviluppo delle rinnovabili, delle reti intelligenti, dell’edilizia passiva, di processi industriali avanzati e della mobilità sostenibile prevede l’investimento di 270 miliardi di Euro, pari all’1,5% del PIL della UE.
Se un ruolo di primo piano lo giocheranno le politiche di regolazione e di stimolo della stessa UE e dei governi nazionali, un ruolo non minore possono averlo i governi locali.
Tra gli strumenti che hanno a disposizione il più importante può essere la promozione di comportamenti ed attenzioni verso prodotti e servizi “più verdi”, con il conseguente stimolo all’allargamento della domanda. In prima fila, naturalmente, quell’insieme di prodotti e servizi che concorrono a ridurre i consumi energetici, sostituire le tradizionali fonti fossili con le rinnovabili ed in definitiva a ridurre le emissioni.
Se lo stimolo alla domanda viene accompagnato da intensa comunicazione verso l’offerta e incoraggiamento alle strutture formative a predisporre le competenze necessarie per affrontare le sfide dell’innovazione, l’azione degli Enti Locali può ben diventare di soggetti primari di “green economy”.
Su questi temi comincia ad essere disponibile una vasta letteratura, tra cui consigliamo:
Ø      Il rapporto sulla Green Economy in Italia redatto dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere a fine 2011 (www.symbola.net);
Ø      Il libro di prossima pubblicazione “L’Italia della green economy” di Silvia Zamboni, edito da Edizioni Ambiente;
Ø      I siti (in lingua inglese) dell’OCSE, l’organizzazione internazionale per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, dedicato alla “crescita verde www.oecd.org/greengrowthcon sezioni e studi dedicati alle politiche locali;
Ø      La sezione del sito UNEP, il programma di sviluppo ambientale delle Nazioni Unite, dedicato alla green economy www.unep.org/greeneconomy;
Ø      Infine la discussione sulla green economy che ha spazio sul sito www.uncsd2012.org/rio20/index.html, del meeting delle Nazioni Unite di giugno 2012, che dedica alla green economy una delle due sessioni di approfondimento.
 
 
Fulvio Fagiani

Inserisci il testo della news.