I rischi del riscaldamento globale


Qualcuno può pensare che se la temperatura media globale crescerà in questo secolo di 4/6 °C, non sarà poi molto peggio che se crescesse di soli 2 °C.
Certo 4 °C sono più di 2, ma…farà solo un po’ più caldo.
Di passata dobbiamo ricordare che gli effetti del riscaldamento globale che già oggi riscontriamo, dall’aumento dei fenomeni meteorologici estremi, come uragani, siccità, inondazioni, incendi estesi, allo scioglimento dei ghiacci sono causati da un aumento di 0,7 °C. Provate ad immaginare che cosa succederebbe con un aumento di 5/6 volte tanto.
L’essenza della questione è però un’altra: il clima non è un fenomeno lineare in cui l’entità degli effetti è proporzionale all’entità delle cause, ma un sistema complesso caratterizzato da soglie oltre le quali il sistema cambia qualitativamente.
E’ come tendere un elastico che si allunga proporzionalmente alla forza di trazione, ma oltre una certa soglia l’elastico si spezza: è intervenuto un cambiamento qualitativo ed irreversibile e anche se annulliamo la forza di trazione l’elastico non si ricompone più.
I cambiamenti climatici sono causati da piccoli fattori perturbativi (in letteratura scientifica sono chiamate forzanti radiative) amplificati da effetti collaterali, i cosiddetti feedback che retroagiscono sul fattore perturbativo amplificandolo.
Un esempio di feedback del clima è l’albedo, la proprietà del suolo di riflettere la radiazione solare.
Immaginiamo un terreno coperto da ghiaccio, che riflette la luce incidente, senza quindi assorbirne il calore.
Con un piccolo aumento di temperatura oltre la soglia di fusione, quella superficie perderà la copertura ghiacciata; il suolo, a quel punto, assorbirà il calore solare anziché rifletterlo.
Moltiplicate questo fenomeno per molte superfici oggi ghiacciate o innevate (i ghiacci dell’artico, della Groenlandia, dell’Antartide, delle montagne) ed otterrete un effetto globale di aumento della temperatura su scala planetaria.
Un altro feedback è il permafrost, il suolo perennemente ghiacciato. Il permafrost ingloba molecole di metano, un gas serra molto più potente dell’anidride carbonica. Un aumento di temperatura causerà la fusione del ghiaccio e la liberazione in atmosfera di grandi quantità di metano che, essendo un potente gas serra, provocherà a sua volta un aumento della temperatura.
Lo stesso vale per gli idrati di metano, molecole di metano avvolte da un cristallo di ghiaccio depositate in grandi quantità sul fondo dell’oceano.
L’aumento delle temperature riduce anche la capacità degli oceani di sequestrare anidride carbonica dall’atmosfera, incrementando così l’effetto serra.
Questi feedback agiscono insieme e possono innescare, rinforzandosi l’un l’altro, un ciclo di riscaldamento progressivo ed incontrollabile.
Il sistema clima va fuori controllo, l’aumento della temperatura diventa un fenomeno ormai indifferente alla eventuale riduzione della causa scatenante.
Oggi non sappiamo dove sia la soglia di concentrazioni in atmosfera di gas serra o la temperatura globale oltre a cui questa corsa irrefrenabile può prendere l’avvio.
Sarebbe saggio non correre rischi.
Purtroppo le evidenze scientifiche comunicate con costanza da centri di ricerca di tutto il mondo non ricevono attenzione dalla società civile, dalla politica e dall’economia.
Gli allarmi, preoccupanti e documentati, cadono nel vuoto.
Nel suo piccolo Agenda21Laghi s’impegna per:
Ø      Diffondere la conoscenza elaborata dalla comunità scientifica sull’entità ed i rischi del riscaldamento globale;
Ø      Promuovere politiche pubbliche, campagne informative e progetti concreti, come le Green school, il Patto dei Sindaci, Energia21Laghi e Green House.
 
A chi volesse approfondire consiglio lo splendido libro di Jim Hansen “Tempeste” pubblicato da Edizioni Ambiente.
 
 
Fulvio Fagiani

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